Gli eroi in prima linea. Gli eroi in trincea. Gli eroi che resistono. Gli eroi che combattono. Gli eroi in questa guerra. Gli eroi che non mollano. Gli eroi che muoiono. Gli eroi che non piangono. Gli eroi che non crollano. Gli eroi forti.
Gli eroi che invece devono avere il diritto di crollare. Gli eroi che invece devono avere il diritto di piangere. Gli eroi che invece devono avere paura di morire. Gli eroi che invece devono avere il sacrosanto diritto di essere fragili.
Avrei solo un segreto da confidarvi. Un tempo anche io ero un uomo forte. Quando si insegnava a voce piena e si pretendeva autorità. Ma al tempo della forza sopraggiunge quello della fragilità. E non è facile sentirsi improvvisamente delicati. Può rivelarsi un inferno se si è soli.[…]
Era una notte piena di stelle. Uno di quei momenti in cui ci ritroviamo sperduti. Briciole nell’enormità eppure il cuore si riempie di pace e scoprii che queste sensazioni non sono in contraddizione. La fragilità ci permette di scoprire la meraviglia. Il riconoscersi piccoli ci fa percepire l’infinito. È l’ostacolo che ci permette di svelare quello che si trova al di là. Ora so che la vulnerabilità è l’arma più potente.[L’arte di essere fragili – Alessandro d’Avenia – cortometraggio ]
Quello che ci insegna questo breve cortometraggio, espressione cinematografica del celebre libro di Alessandro D’avenia, ci insegna l’importanza della fragilità, una vera e propria arte da apprendere, da concedere a se stessi e anche agli altri.
L’etimologia della parola eroe deriva dal latino heros, a sua volta, dal greco ἥρως (èros) = uomo forte e valoroso.
Il valore di un uomo determinato dalla sua forza.
Molti, troppi, sono i brand e le istituzioni che si sono appellati, e continuano ad appellarsi in questi giorni, alla simbologia dell’eroe per ringraziare i medici e il personale sanitario in prima linea.
Il rischio di utilizzare una terminologia epica e bellica è innanzitutto quello di addossare a questi uomini e queste donne una responsabilità troppo grande anche per loro: la salvezza dell’umanità.
Questo, come è semplice intuire, porta con se tutta una serie di conseguenze psicologiche non di poco conto.
Se disegniamo addosso a donne e uomini comuni, e in quanto tali fragili, l’abito del supereroe gli stiamo implicitamente dicendo che la sopravvivenza dell’umanità dipende esclusivamente da loro.
Stiamo, così, non considerando fattori molto importanti nel successo/insuccesso di fronte
all’emergenza Covid 19 quali le scelte politiche, il sistema e l’organizzazione sanitaria e anche l’impossibilità per l’essere umano di controllare tutto.
Stiamo addossando addosso a padri e madri di famiglia, a figli, fratelli e sorelle un super potere che non hanno, che non possono avere. Gli stiamo dicendo che la vita e la morte di 8 miliardi di persone dipende da loro. Stiamo alimentando in loro un senso di colpa che si porteranno dietro per anni, per non essere riusciti ad essere eroi. Stiamo dicendo loro di essere forti, per essere valorosi.
Si stima che le percentuali di sviluppo di disturbi post traumatici da stress nel personale medico e sanitario saranno altissime nei prossimi mesi e anni, con conseguenti rischi correlati depressivi e ansiosi.
Chiamandoli eroi noi stiamo alimentando una miccia che già brucia a velocità devastanti.
Se proprio vogliamo dargli una mano, una pacca sulla spalla, un po’ di coraggio, smettiamola di chiamarli eroi. Concediamo loro la possibilità di sentirsi fragili, di piangere, di avere anche solo l’illusione di poter mollare la presa se non ce la dovessero fare. Dal valore dell’eroe al valore della fragilità. Di questo abbiamo bisogno. Una fragilità che diventa un valore indissolubile e non più solo sinonimo di sottomissione.
Fragile perciò non è solo ciò
che è debole, malato,
poco efficiente,
ma è anche ciò che
è “delicato”.
[Paolo Cicale, Il valore della fragilità]
Basta con le immagini della resistenza. Abbiamo bisogno di immagini della fragilità. Abbiamo bisogno di riconoscerci nella loro debolezza e vulnerabilità, nelle loro lacrime, nelle loro paure.
Se non sapremo passare attraverso il dolore, quello vero, che ci vede tutti come uomini e donne anche capaci di sanguinare, la guarigione più importante, quella dell’anima, non arriverà mai.